giovedì 21 ottobre 2010

Creativi non si nasce e nemmeno si muore


Composizione, Carla Citarella, Decorazioni per interni, Tecnica mista

Pubblico un'intervista interessante del giornalista Gino Dato, tratta dal quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, riferita allo splendido libro di Annamaria Testa, La trama lucente, dedicato alla creatività.

Che cos'è il talento? Non basta avere delle buone idee, ma è necessario saperle attuare. Come? Con una continua applicazione
La trama lucente è quella che nella nostra mente unisce le intuizioni. Che ci fa passare dall'idea alla pratica. Che fa la pratica un atto etico, di utilità per il genere umano. La creatività dobbiamo imparare a  riconoscerla, a rispettarla e a coltivarla. E possiamo farlo in compagnia di Annamaria Testa che da oltre trent'anni si occupa di comunicazione e creatività. Consulente per le imprese, docente presso l’Università Bocconi, il suo ultimo saggio per Rizzoli s'intitola La Trama Lucente. 

Lei  parla della dimensione "progettuale ed etica" della creatività. Che vuol dire?
La creatività non consiste nel far venire solo in mente qualcosa. Bisogna essere capaci di tradurlo in realtà. È qui c’è la dimensione progettuale. E bisogna che quel qualcosa sia appropriato, efficace, utile alla collettività: ecco la dimensione etica. Per esempio, se passo il mio tempo a fantasticare su un nuovo romanzo ma non scrivo una riga; o immagino un nuovo farmaco ma non entro in laboratorio; o penso a un nuovo prodotto, a un edificio, a un vestito, ma non verifico che sia realizzabile … Ecco in questi casi mi diverto, ma non  sto facendo un lavoro creativo. E non è creativo il risultato se il farmaco è dannoso, il romanzo è un accrocchio di parole senza senso, il prodotto è una truffa, l’edificio crolla, il vestito ha tagli impossibili.

Alla fine del suo viaggio attraverso il tempo, possiamo definirla la creatività?
L'idea che esiste una facoltà umana di inventare è una conquista del Novecento. Al tempo dei romani e dei Greci la creatività è considerata esclusiva degli dei, e il concetto di genio rimanda un demone che 'possiede'  l'individuo. Sono  gli artisti del Rinascimento e gli scienziati del Seicento, da Copernico e Galileo e Newton, a immaginare l'essere umano come protagonista delle invenzioni, capolavori e scoperte: nella genialità non c’è niente di soprannaturale, ma solo la migliore espressione dell’intelligenza e della volontà. Il Novecento, con la scoperta della dimensione inconscia, dà conto dell’aspetto più misterioso del processo creativo: la fase di incubazione che avviene dopo che (e solo se) si sono presi  in esame tutti i dati del problema, e che culmina nella sintesi nuova frutto dell'illuminazione creativa.

Qual è la percezione collettiva che si ha oggi sulla creatività? 
Dobbiamo distinguere. Nel nostro Paese tendiamo ad etichettare come "creativi" comportamenti stravaganti, idee bizzarre, qualsiasi forma di bricolage ludico. E la trasgressione più gratuita. Questa attitudine (ce lo dicono le ricerche) è diffusa presso i giovani e le classi medie, che da una parte vedono il talento come un dono dal cielo che riguarda pochissimi grandi geni, dall'altra pensano che la creatività, per tutti gli altri coincida o con l'arrangiarsi o con il fare stranezze e  il fantasticare. È una visione riduttiva e rinunciataria.

Perché? 
Riduttiva perché la creatività è il segno distintivo del genere umano, la capacità che ci ha permesso di sviluppare le arti, le scienze e la tecnologia. Ed è una visione rinunciataria perché implica il rifiuto di mettersi in gioco e di impiegare il proprio talento in maniera produttiva. Invece sia nel mondo anglosassone che nei Paesi emergenti dell'estremo Oriente, la creatività e il suo sviluppo vengono ormai considerati strategici per l’economia e centrali nei processi educativi. Si crede che la creatività sia solo un fatto  di talento innato, ma non è così: ci vogliono educazione di base, competenze specifiche, prove ed errori, tenacia. E almeno (ce lo dice il Nobel Simon) dieci anni di applicazione intensiva ed esperta per produrre qualcosa di nuovo, nelle discipline più diversi: dagli scacchi, alla pittura, alla matematica...

Come si può coltivare il pensiero originale e utile della creatività?
Facendosi domande. Osservando. Essendo curiosi. Educando i ragazzini a nutrire pensieri non conformisti ma organizzativi e produttivi. La scuola è importantissima.

La creatività evolve con l'uomo? O può declinare?
Non necessariamente la creatività declina con l'età. Ma si spegne se non è alimentata dalla passione e dall'esercizio. Se viene incensurata o ignorata da ambienti non favorevoli, o se si scontra con il pregiudizio: in particolare, il pregiudizio di genere  ha frustrato  per secoli la creatività delle donne. Che solo oggi, finalmente, almeno nei  Paesi sviluppati accedono in massa all'educazione, e in futuro saranno, credo, "la" nuova grande risorsa creativa del mondo. 


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2 commenti:

  1. Articolo molto interessante Carla!!!
    La creatività alimenta stimola idee e crea connessioni tra esse. Concordo quando Annamaria Testa sostiene che essere creativi implica anche lo sforzo dell' essere applicativi.
    Solo quando l' intuizione si traduce in dato di realtà, quando l' idea si materializza, la creatività ha trovato piena realizzazione!
    Ma il culmine credo si abbia quando la creatività sia spendibile per gli altri, per regalare un sorriso alla gente, per insegnare ai bambini a crescere , per rendere più facile la vita di chi soffre!
    Credo che questo sia il vero senso della creatività e ciò implica anche una responsabilità dell' uomo creativo.
    Buona creatività a tutti!

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  2. ciao Carla, ben tornata. Accidenti, un mio commento di ieri è andato perso. Poco male.
    Ho preso anch'io il libro della Testa e lo leggo al mio modo, un po' qua e un po' là. Mi piace. E' interessante, anche perchè parla di un'eredità che ognuno di noi può pensare di avere e con la quale provare a emergere,a realizzarsi. La creatività è merce diffusa, dobbiamo solo verificare di averla per farci coraggio e sperare.
    Ben ritrovata.

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