domenica 12 agosto 2012

L'olivo e la rappresentazione nell'arte

Campagna Pugliese

È difficile immaginare la Puglia senza alberi di ulivo, nonostante il taglio indiscriminato di alberi e il dilagare del cemento. Un filo immaginario unisce la storia al territorio, sembra quasi toccarne la trama: si ha la sensazione che intorno all'olivo si consumano immense fatiche, storie autentiche, dal tessuto profondo. Gli ulivi fecero della Puglia un serbatoio di ricchezza di traffici, di operosità e di arte. La storia di questa pianta si estende tra il bacino mediterraneo ed i territori ad oriente sino ai territori a occidente a cavallo tra l'Asia e l'Europa, ma è innegabile che la straordinaria varietà di olivi sono una caratteristica del territorio italiano. La Puglia, con i suoi 350.000 ettari di ulivi, rappresenta, tuttora, una delle regioni più olivicole del mondo. 

L'ulivo sembra possedere una prodigiosa fantasia, nel saper creare e ricreare sempre nuove forme su un unico modello, quasi a voler spezzare la sua "ripetitività". Chi percorre questi luoghi non può fare a meno di essere catturato dai maestosi ulivi, dalle querce secolari, dall'arabesco dei suoi rami, dal fruscio delle foglioline color grigio argento che si modificano con il cambio della luce: dense atmosfere che si mescolano con il variare delle stagioni. Così quando il vento soffia, l'ulivo si piega, si contorce, resiste, e come un indomabile lottatore, non si spezza. Forse si può attribuire anche a queste caratteristiche gran parte del fascino esercitato su poeti e artisti: allora quei dati realistici si caricano di significati e suggestioni profonde. 

Carla Citarella, Pigmenti d'autunno (dettaglio), Decorazione per Interni 
Tecnica mista: Frottage-matite acquerellabili su carta ruvida

Carla Citarella, Luci, Decorazioni per Interni,
Tecnica: acquerello, matite acquerellabili su carta

Vincent van Gogh, Oliveto con cielo azzurro, Saint-Rèmy, 1889

È stato proprio Van Gogh a ritrarre gli uliveti. Gli uliveti divennero uno dei soggetti preferiti dall'artista. Van Gogh identificava l'ulivo come un elemento essenziale del paesaggio provenzale, tanto che ne fece il tema principale all'interno delle sue opere. Era fermamente convinto nel basare le opere sullo studio della natura, per poter dare risalto a una testimonianza sia storica che contemporanea, con le sue associazioni ai valori eterni e spirituali, contrapposti ai continui mutamenti della vita moderna. Essere in armonia con la natura, significava creare momenti di idillio e contemplazione, di conforto e rigenerazione. 

In una lettera a Theo nel lontano Aprile del 1889, scrisse: "Mi sono trastullato negli uliveti mattina e sera in queste giornate luminose e fredde, ma con un sole chiaro e stupendo (...) Se tu potessi vedere gli alberi di olivo in questo periodo dell'anno (...) Il fogliame argento argento antico che inverdisce contro l'azzurro. E la terra arata color arancio di una tale delicatezza e raffinatezza. Intendo dire che il mormorio di un uliveto ha qualcosa di molto intimo, immensamente antico. È troppo bello perché io osi dipingerlo o possa concepirlo". 

Vincent van Gogh, Ulivi, Saint-Rèmy, 1889

Non si trattava solo di raffigurare gli ulivi con l'ausilio della tecnica pittorica, ma di restituire allo sguardo dello spettatore una visione intima e personale della natura: "L'eff
etto della luce diurna e del cielo significa che ci sono argomenti infiniti che si trovano negli alberi di ulivo. Per quanto mi riguarda cerco gli effetti contrastanti del fogliame, che cambia con i toni del cielo. A volte, quando l'albero mette a nudo i suoi pallidi fiori, grandi mosche blu, coleotteri smeraldo e cicale in gran numero ci volano su, il tutto immerso nel blu puro. Poi, come il fogliame assume toni più maturi, il cielo è raggiante e striato di verde e arancione e poi di nuovo, in autunno, le foglie assumono toni viola del colore di un fico maturo e questo effetto viola si manifesta pienamente con il contrasto del grande sole nel suo alone pallido di luce limone". 

Fu proprio nell'osservare gli ulivi (i cedri, i cipressi, i mandorli in fiore) che circondavano la casa di cura (in origine un antico monastero di Saint Paul de Mausole diventato ospedale psichiatrico nel 1885 a Saint-Rèmy de Provence), che Van Gogh tentò di recuperare la sua dimensione di sofferenza ricoverandosi di sua spontanea volontà: "L'intrico di rami arcuati si uniscono a suggerire un sentiero sottostante, e io sto cercando di renderli...Ma è molto difficile, molto difficile". (...) L'arte è un addestramento alla sopravvivenza. (...) Mi trovo a casa mia, qui. Ho una piccola cameretta tappezzata di grigio verde con due tendine verde acqua e disegni rosa molto pallido. Inoltre ho una stanza per lavorare, Mandami, ti prego, trentatrè tubetti di colore, bianco, rosso lacca, verde smeraldo, arancione, cobalto, malachite, cromo e blu oltremare", scriveva ancora al fratello Theo, che gli pagava la retta e il materiale per dipingere.

In quell'ambiente Van Gogh restò confinato un anno, dove si sottomise alle cure del dott Thèophile Zacharie Auguste Peyron; gli fu permesso di lavorare sia all'interno dell'ospedale che all'esterno, accompagnato da un sorvegliante. Dipinse centoquarantatrè dipinti ad olio, alcuni dei quali capolavori immortali: Il giardino dell'Ospedale di San PaoloGli iris, La Camera di Vincent ad Arles, La notte Stellata, e più di cento disegni tra i quali: Campo di Grano e Cipressi, Alberi di Pino Lungo un Sentiero, e i delicatissimi mandorli in fiore. 

Quel mandorlo in fiore che decise di staccare e portarlo con sè per dipingerlo nella sua stanza. Delineandone il primo approccio di cura attraverso l'arte, che al giorno d'oggi definiamo con il termine di arte terapia. Infatti, già da alcuni anni, è nato (all'interno della struttura) un laboratorio di terapia dell'arte (clinica) che riunisce arte, ricerca e cura. Molte tele raccontano il percorso interiore di pazienti che hanno trovato in esso un mezzo complementare di espressione e sollievo dalle loro sofferenze.

Vincent van Gogh, Gli ulivi,
Saint Rémy, Giugno-Luglio 1889

Nell'Aprile del 1890 Van Gogh decise di andarsene da Saint-Rèmy per la guarigione non avvenuta - il dott Peyron gli diagnostica l'epilessia che cura con dei semplici bagni settimanali - e, dopo una breve tappa a Parigi per conoscere la moglie dell'amato fratello Theo e come da suo consiglio, si diresse ad Auvers-Sur-Oise, dove il dott Paul-Ferdinand Gachet , laureatosi in medicina a Parigi con una tesi dal titolo "Etude sur la Mèlancolie" (studio sulla malinconia), aveva accettato di ospitarlo e curarlo. La speranza era quella che il dott Gachet potesse finalmente guarirlo dal suo stato di sofferenza. Ma Il 27 Luglio, dello stesso anno, a 37 anni, Vincent van Gogh si spara con un colpo di fucile al petto, morendo la notte del 29 Luglio (così riporta la versione ufficiale). 
Queste furono le parole che il dott Gachet rivolse all'amico pittore e che Emile Bernard, riprese alcuni giorni dopo la sua morte: "Egli era un uomo onesto e un grande artista, aveva solo due obiettivi l'umanità e l'arte. Era l'arte che stimava sopra qualsiasi altra cosa e che farà vivere il suo nome".

E dunque una dimensione ideale che Van Gogh aveva cercato al di là del tempo e aveva reso attraverso la natura e, una ricerca indispensabile che ci permette di costruire alcuni parametri per interpretare le opere d'arte. Per la capacità meravigliosa dell'arte di dare forma e contenuto alle emozioni umane, anche le più drammatiche, così come per la capacità visionaria dell'arte di saper vedere fra le cose, negli spazi che scorrono fra le cose. Lo stesso sentimento che alitava nella vita di Van Gogh. 


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7 commenti:

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  2. L'albero è un compagno silenzioso, umile, protagonista non citato, presente con discrezione nelle nostre passeggiate, nel nostro stesso cercare ossigeno, aria e libertà. E' ancora fondamentale per la clorofilla, per i frutti, per la cellulosa e per la protezione idrogeologica, sebbene oggi nelle nostre città sia sacrificato e inquinato.
    Esso ha accompagnato l'essere umano nella sua plurimillenaria esperienza e ne è stato compagno, specchio, simbolo, espressione di fecondità e simbolo di trascendenza.
    L'essere umano fino dagli albori della coscienza si è servito dell'albero come modello, a livello simmetrico e complementare, di confronto, di identità e di trasformazione.
    L'albero, secondo antichissime tradizioni, siamo noi stessi, e la nostra stessa sorte è connessa alla sua.
    L'albero si ricollega attraverso invisibili radici, con il ricco e misterioso mondo della madre terra, quel "sotto" che affascina tanto i bambini.
    Si intuisce che sotto il tronco non solo la vita non è interrotta, ma possiede invece una sua straordinaria magica potenza.
    L'intuizione che anche noi siamo alberi viventi, può portare rispondenze nel nostro intimo, e non a caso l'albero evoca meditazione, contemplazione, concentrazione, è il primo compagno che la natura offre.

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  3. La natura è un racconto interiore, grazie per il bel post.

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  4. @Simona F
    @Luigi
    Grazie per i vostri commenti che ho molto apprezzato.

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  5. Una semplice passeggiata, un momento di riposo sotto un albero, sono cose che riempiono l'anima e il cuore e allargano la nostra immaginazione e aiutano a ritrovare il giusto equilibrio. La stessa dimensione che soffiava all'interno della vita di questo grandissimo, sfortunato e coraggioso pittore.

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